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Castelpetroso, lo spartiacque del Molise

Aggiornamento: 11 dic 2020

Il Borgo del Molise, con uno splendido Santuario

Quiete.

Il bisbiglio lento e tenue del vento scortò i miei passi.


Intorno, quiete. Quasi a voler, il silenzio, custodire quel luogo, averne premura e ossequio. Riverenza e devozione.


Lasciai alle mie spalle la solennità dell’austera Basilica Minore dell’Addolorata, la sua maniera d’esser notata, la sua mansione d’essere prestigio dinanzi al quale chinarsi.

La sua cima, a perdita d’occhio, a perdita di cielo.


Il suo culmine, a sfiorarlo il cielo.


Cominciai a calpestare il manto verde che si distese, accogliente, ai miei passi, quasi a voler farmi da guida laconica ed ospitale.

Ho da sempre amato i boschi, la loro usanza di custodire chiunque vi attraversi gli arbusti, chiunque vi perda i pensieri.


Come una madre.

Via Matris.

Mater- Matris

[di Madre]

Quel lungo e nativo sentiero mi avrebbe condotto sul luogo dell’apparizione. Mi ci affidai, e più della meta, amai il viaggio.

Mi trovai ad essere spettatore d’un teatro itinerante, sospeso e catturato nell’immobilità del tempo.


Non accusatemi di empietà, ma di veduta artistica. Perché d’arte si parla.


Non che un corpo teatrale e i suoi dimoranti abbiano preso le vesti della beata Vergine e del suo figliuolo, ma per quando quei bronzi sembrassero vivi, per quanto il loro respiro si fondesse col vento.


Sette gruppi bronzei. I sette dolori di Maria.


Scivolai tra quelle sculture e mi sentii parte di esse. Gli occhi, le mani agli sguardi più attenti parean muoversi.


D’Alessandro Caetani furono le mani edotte e sensibili che restituirono vita alla lega, di rame e stagno composta.


Attraversai quelle scene o scenografie che dir si voglia, con la compartecipazione che solo un luogo di tal genere può concederti.

Ognuna incastonata tra arbusti e verdi foglie, a far da cornice a vicende senza tempo, attimi catturati e presi in prestito all’eternità.

Come un viandante o pellegrino giunsi alla fine di quel cammino ove si svelò ai miei occhi l’ultima figurazione.


Protetta dal grigio sciupato della roccia, in una grotta intagliata in essa, la Vergine Maria nella stessa posa in cui apparve alle due pastorelle, piangente col figlio senza vita ai suoi piedi, gli occhi volti al cielo e la braccia dischiuse. Di fronte ad essa , la prima veggente, con una pecorella osserva con stupore ciò che le si presenta dinanzi; più in là Serafina che accorre richiamata da Bibiana.


Si, perché fu proprio in quel luogo che la Beata Maria scelse di mostrarsi, prima alle due pastorelle e di lì a poco all’allora Vescovo di Bojano, dando inizio ad uno sciame di pellegrini, accorsi lì a chinarsi sulla terra premuta dalla più dolce e tenera delle madri.


Era il 1888.


Così ebbe luogo la costruzione della Basilica Minore dell’Addolorata, luogo d’arrivo d’ogni devota partenza, l’inizio del nostro cammino.

Ma non fu né quella basilica, né l’ultimo gruppo marmoreo il luogo esatto in cui ella apparve.

Un po’ più su, protetta e custodita nella smerlata roccia, riposa una bianca pietra sulla quale, incise, vi sono tre semplici parole, “Luogo delle apparizioni”.


Il luogo ove tutto ebbe inizio.


Manuela Genova

 

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